Dame Daphne Marjorie Sheldrick

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Dame Daphne Marjorie Sheldrick

la dott.ssa Daphne Marjorie Sheldrick è la più grande ambientalista pro Africa vivente, insignita del titolo di Dame Commander Of the Order of the British Empire dalla regina Elisabetta II nel 2006. Per oltre 25 anni lei e suo marito David, il famoso fondatore del gigantesco parco nazionale Tsavo National Park, hanno recuperato, allevato e reintegrato nel loro habitat, cuccioli orfani di varie specie animali.
È un’autorità riconosciuta a livello internazionale per quanto riguarda l’allevamento di animali selvatici ed è stata la prima persona ad aver perfezionato la formula di un latte idoneo ai processi digestivi di questi animali rimasti orfani e la modalità della sua somministrazione. La giornata tipo di Daphne prevede il recupero e il salvataggio dei cuccioli di elefante dalle incursioni dei bracconieri e di dare loro una casa, sicura. La sua missione è condurre campagne contro la possibilità che il commercio di avorio venga nuovamente dichiarato legale e contro l’abuso di animali in cattività.
Vivendo all’interno del parco nazionale, ha avuto l’opportunità di osservare e studiare la maggior parte delle specie animali sia nel loro ambiente naturale che in cattività. Avere la possibilità di vivere e condividere quotidianamente la lotta per la vita ha donato alla dott.ssa Daphne la capacità di fare sua “la vera storia” delle creature selvatiche: capire i loro pensieri e le loro emozioni, il ruolo che gioca l’istinto sul comportamento, l’importanza del fiuto e della chimica nella loro vita quotidiana, le doti telepatiche, il senso della famiglia, le vocalizzazioni e la capacità di interpretare i minimi segnali di un linguaggio corporeo molto complesso. La chiave del suo successo è dovuta ad una vita intera trascorsa a stretto contatto con gli animali selvatici, partecipando giorno dopo giorno al loro fianco alle loro lotte e ai loro successi. Questo le ha permesso di sviluppare una profonda conoscenza della psicologia animale, delle differenze comportamentali delle varie specie e di provare una sincera e profonda empatia con queste creature. la sua vita e il suo lavoro, nonché le sua memorie sono racchiuse nel libro An African Love Story (Una storia d’amore africana – L’Amore, la vita e gli elefanti) .

Anni di esperienza, duro lavoro e passione hanno permesso a David e Daphne Sheldrick di salvare e continuare a salvare delle vite, con la consapevolezza che solo agendo si potrà evitare l’estinzione del più grande animale terrestre.

 

AISHA: era l’elefante più piccolo che avessi mai visto…

 

La storia di Aisha meglio conosciuta come “Shmetty” (farfalla) – Il cucciolo di elefante che aprÏ la strada per la salvezza di tutti gli altri cuccioli orfani futuri.

Era l’elefante più piccolo che avessi mai visto, coperto dalla peluria tipica dei cuccioli, con una piccola proboscide rosa e le unghie delle zampe di un pallido giallo come se fossero di un neonato. Avanzava barcollando, muovendo la piccola proboscide come se non sapesse che farne ma allo stesso tempo cercando qualcosa da succhiare: era troppo piccola per conoscere cos’era la paura. La guida ci disse che arrivava da molto lontano, dalle parti di Marsabit e che era caduta in un pozzo in disuso. L’aveva portata da noi perché ci riteneva in grado di aiutarla mentre lui non sapeva che fare. Il mio cuore mancò un battito. Non vi erano dubbi che questa elefantina fosse troppo piccola per essere affidata ad Eleonor ( un’elefantessa allevata da Dame Daphne Sheldrick). Avrebbe dovuto essere nutrita con del latte a parte e per me sarebbe stato un bel grattacapo!

Gli elefantini orfani liberi in giardino si erano tutti radunati come sempre avveniva con l’arrivo di un nuovo venuto, avvenimento sempre di estremo interesse. Bunty, la giovane femmina di Impala che io avevo allevato, appariva visibilmente contrariata, mentre Baby, l’antilope africana, e Jimmy il kudu erano molto curiosi e le anitre selvatiche,i nostri pavoni e l’uccello della Guinea chiacchieravano eccitati tra di loro allungando il collo per riuscire a vedere.

Ero perfettamente consapevole del lavoro che avrebbe implicato prendersi cura di un cucciolo così piccolo e temevo un altro insuccesso: il latte ogni tre ore giorno e notte, attenzione e compagnia costante, la fine di qualsiasi lavoro di pulizia in casa, già difficile gestire un neonato, figuriamoci un elefante! Ma, nonostante tutto questo, il dolore di vederla deperire giorno dopo giorno perché la dieta non era adeguata, il pensiero che avrebbe finito la sua esistenza nel piccolo cimitero dietro al campo dei gigli andando così ad aggiungersi ad una lunga lista di fallimenti, mi diedero la forza di continuare. Allo stesso tempo sapevo che non si può scegliere di quale orfano occuparsi e che dovevo fare tutto ciò che mi era possibile passando attraverso prove ed errori per giungere a trovare una formula di alimentazione adeguata in modo da poter salvare altri cuccioli che in futuro avrebbero potuto trovarsi in questa situazione.

Come nuova arrivata, fu portata alle stalle degli orfani scortata da spettatori incrostati e pennuti. Io indossai una corazza per poter affrontare le settimane: avrei dovuto prendere importanti decisioni sul come agire . La maggior parte delle volte non Ë semplice nutrire un elefanti: si devono mischiare galloni e non pinte, la bottiglia e la tettarella devono essere a misura di elefante. Malinconicamente, cominciai a fissare file di tettarelle di tutte le misure, bottiglie assortite, barattoli, medicine che costituivano tutti gli strumenti necessari agli elefanti. Stavo ancora osservando concentrata, quando David mi raggiunse. Studiammo insieme i pesanti file intitolati “Orfani” che contenevano una grande varietà di brillanti idee arrivate dagli zoo e dagli esperti di tutto il mondo riguardo a come creare un surrogato del latte. Alcuni suggerivano l’impiego di purè di banana, altri riso, altri ancora latte scremato con l’aggiunta di burro o farina di granturco. Ma nessuno di questi consigli era mai riuscito a salvare un elefante alto meno di tre piedi. Sembra che il problema risieda nell’incapacità dell’organismo di assorbire il grasso del latte della mucca con il quale viene prodotta la maggior parte del latte in polvere. Il grasso del latte dell’elefante, infatti, è particolare e diverso da quello di tutti gli altri animali.
Quella notte nutrimmo il cucciolo solo con latte e glucosio e andammo a letto continuando a pensare a come affrontare il problema. Attorno tutto era tranquillo e in pace, si sentiva solo il soffice frusciare delle palme ed il richiamo monotono di un gufo che rompeva il silenzio della notte. Ma non trascorse molto tempo che una acuta trombetta proveniente dalle stalle della Nursery mi ricordò chiaramente le mie nuove responsabilità ed il fatto che il mio “problema” aveva bisogno di essere nutrito.

Le settimane seguenti furono un incubo, una lotta con le diverse percentuali di latte, mischiando, sterilizzando, rifinendo e cambiando la formula ancora ed ancora. Nel frattempo la piccola deperiva assumendo gradualmente le sembianze di uno scheletro: gli occhi infossati, gli zigomi pronunciati che annunciavano la fine. C’erano lacrime di disperazione e frustrazione nei miei occhi perché sapevo che il tempo a disposizione era poco e che se non avessi trovato la risposta a breve, l’elefantina avrebbe raggiunto gli altri nel cimitero. Volevo così fortemente che questo elefante vivesse: lei stessa aveva cominciato a battersi strenuamente per la sua vita e noi le ci eravamo molto affezionati nel breve tempo trascorso insieme. Ci si può innamorare di un cucciolo di elefante perché sono animali intelligenti e simili ai bambini umani per il fatto che possono essere obbedienti, gentili, amorevoli e molto buoni, oppure birichini, testardi a seconda dello stato d’animo del momento.

Avevamo deciso deliberatamente di non dare un nome ai piccoli di elefante che giungevano da noi perché , dal momento che non ci aspettavamo vivessero a lungo, il fatto che non avessero un nome ci faceva sembrare la loro perdita meno dolorosa. Ma un giorno accadde che durante la nostra passeggiata pomeridiana con il cucciolo, incontrammo alcuni turisti tedeschi che assistettero alla messa in scena di un’ aggressione da parte di questo elefante in miniatura: le orecchie , che erano ancora soffici e rosa si aprirono all’esterno come due grandi piatti rotondi sulla sua minutissima faccia e avanzò facendo una finta carica e terminandola con un barrito stridulo, prima di tornare indietro con la sua proboscide a terra come aveva visto fare ad un maschio al Red Waterhole.
Tutti risero e urlarono Schmetterling, Schmetterling! Aumentando così l’ilarità generale. Cosa vuol dire Scmetterling chiese mia figlia Angela aggrottando le sopracciglia. Penso che voglia dire elefante, suggerii ma subito una voce gutturale dall’interno del bush ci illuminò “No, no vuol dire farfalla!”. Guardandola con queste minuscole orecchie spalancate in fuori sembrava davvero una piccola farfalla! Da quel momento venne soprannominata Schmetterling o Shmetty perché più corto.
Un giorno all’improvviso divenne troppo debole perfino per reggersi in piedi ma trovò la forza di salutarmi con il suo solito brontolio che mi diede una stretta al cuore. Ricominciai a studiare le file di lattine nel mio negozio. Le avevo provate tutte, ma all’improvviso una che mi era stata data alcune settimane prima e che si trovava sulla scaffale attirò i miei occhi. Il mio interesse crebbe quando vidi che conteneva olio di cocco aggiunto ad una base priva di grassi. Mi ricordai di aver letto che l’olio di cocco era probabilmente quanto di pi˘ similare al grasso del latte dell’elefante. L’avrei provato la volta successiva e mi sentii molto felice perché non tutto era perduto.
Funzionò. La mia gioia non conobbe limiti. Finalmente eravamo riusciti a svelare il mistero su come allevare un cucciolo di elefante con il biberon. Con il passare dei giorni Shmetty cominciò a perdere il suo aspetto scarno e la sua pelle divenne più morbida e soffice, indice di salute in un animale come l’elefante. Poi un giorno cominciò a giocare, caricando Bunty e Baby, disperdendo le anitre selvatiche ed i pavoni in tutte le direzioni e rattristando il povero Jimmy afferrandolo per una gamba posteriore. Noi eravamo semplicemente deliziati. Presto tutti furono coinvolti nel gioco della caccia che Shmetty aveva inventato e, laddove Bunty non lo approvava tanto da portare via i suoi cuccioli nel parcheggio, Baby, che era un animale esuberante, certamente sÏ dal momento che subito si scatenò: sgroppando, calciando e saltando sopra le terrazze coltivate con una serenità piena di grazia, lasciando una piccola e confusa Shmetty con nulla da cacciare! Non contento, Baby passò poi a buttare per aria i cesti di fiori con un corno e la visione di una antilope africana che portava in giro per il giardino un cesto di fiori sulla sua testa creava davvero una divertente confusione. Le anitre selvatiche così come l’uccello della Guinea lanciarono il loro grido d’allarme: Bunty emise uno sbuffo, come il ruggito di un leone, ed i suoi figli volarono a nascondersi, le antilopi persero la pazienza e cominciarono a scalciare fuori dal giardino con la loro coda dritta in aria, quasi andando a sbattere contro David che tornava dall’ufficio e si stava chiedendo cosa mai poteva essere successo da ridurre il giardino in un simile caos. Era un giorno davvero speciale! Quando David vide Shmetty, mi venne incontro e mi baciò. Ben fatto mi disse, sapevo che questa volta ce l’avresti fatta. Ed in quel momento realizzai che valeva davvero la pena aver fatto tutti quegli sforzi e tentativi nelle ultime settimane. Potevo credere di aver trovato il modo per allevare un cucciolo di elefante così piccolo? Potevo credere di aver trovato la chiave per svelare quel mistero rimasto insoluto per vent’anni? Io avevo osato sperare ma adesso per la prima volta, la speranza era viva.
Era una cucciola così esigente che David trovò un babysitter ranger perché non voleva accanto a sé una moglie sempre stanca e logorata. Il fatto che Shmetty si fosse affezionata al babysitter, non escludeva che la sua presenza dovesse essere pianificata: odiava essere divisa da me anche solo per un momento. Solo dopo aver gettato il mio grembiule sulla sua testa potevo scappare e lei, dopo essersi liberata, realizzato che io ero svanita era contenta di restare con il ranger ma lui doveva indossare il mio grembiule, elemento tangibile che le permetteva di restare in contatto con me durante le mie assenze. In realtà un orecchio era sempre vigile e attento se il cancello si apriva emettendo quel cigolio che fungeva da spia del mio ritorno. Quando ciò avveniva, lei si precipitava barrendo con gioia ed eccitazione e quasi buttandomi per aria dall’impatto.

C’erano giorni in cui Shmetty non era tranquilla ed aveva bisogno di una pastiglia per il mal di pancia. Questo comportava l’unione degli sforzi combinati miei di David e del Ranger per tenerla ferma mentre io cercavo di ficcarle in gola il più a fondo possibile la pastiglia dal momento che lei odiava prendere medicine. Dopo questa operazione dovevamo coccolarla e consolarla. Di solito si proiettava in cucina e restava con aria depressa nello spazio dove si trovava la bombola del gas, perchË un cucciolo di elefante trascorre molto del suo tempo raggomitolato sotto alla madre e solo il mobiletto del gas sembrava essere in grado di darle quella sensazione particolare di conforto e sicurezza quando era triste.
In realtà entrare in casa le era proibito. Non solo perché non è possibile tenere un elefante in una casa ma anche perché andavo molto fiera dei miei pavimenti rossi che rilucevano come uno specchio. Shmetty sapeva molto bene che la casa era off limits per lei ma questo la faceva essere una tentazione così forte ed eccitante che, nei pomeriggi in cui il suo umore era particolarmente ostinato, il che avveniva abbastanza spesso, più io cercavo di tenerla fuori, più lei diventava determinata ad entrare. Se io le giravo la schiena anche solo per un secondo, lei correva su per i gradini e mi si parava davanti con una strana espressione sulla faccia. Quando veniva buttata fuori con forza, gli strilli ed i ruggiti di collera erano assordanti. Poi, con calma e silenziosamente, una piccola faccia con le orecchie allargate faceva capolino dall’angolo ascoltando ed osservando per essere sicura di non perdere la passeggiata pomeridiana che doveva seguire sempre l’itinerario che conduceva al mucchio di sabbia. La Shmetty giocava come qualsiasi bambino, arrampicandosi fino in cima e scivolando giù col sedere finchè orecchie, occhi e proboscide non erano piene di sabbia ed era l’ora di andare. Dovevamo fare in modo di essere di ritorno per le sei del pomeriggio perché Shmetty voleva il suo biberon in orario.

Via via i giorni divennero mesi e la nostra piccola elefantina era ancora viva. Ogni mese registravamo la sua altezza ed ogni mese era di mezzo pollice più vicina ai tre piedi. Presto avrei potuto affidarne la responsabilità ad Eleonor che le avrebbe insegnato a nutrirsi di erba e foglie e come si comporta un elefante. Fino a quel momento eravamo quasi certi che Shmetty sarebbe sopravvissuta e cresciuta sotto l’occhio vigile di Eleonor giocando rumorosamente nella grande buca di acqua rossa con tutti gli altri elefanti, camminando per conto suo nell’ambiente selvaggio ed alla fine, forse, avendo anche un cucciolo.

Ma purtroppo non fu così. Dame Daphne Sheldrick dovette assentarsi da casa per una settimana: sua figlia Jill si sarebbe sposata ed in Kenya il matrimonio è un evento che viene festeggiato a lungo da tutti i parenti. Shmetty venne affidata ad una baby sitter ma quando Daphne tornò , la trovò in fin di vita. La depressione per “l’abbandono” l’aveva ridotta ad uno scheletrino molto malato. Spirò la notte stessa con la testa nel grembo della sua “mamma”.
La piccola Shmetty aveva aiutato Dame Daphne a trovare la formula del latte che avrebbe poi , nel corso degli anni, salvato altri suoi compagni ma aveva avuto come punto di riferimento del suo amore una sola persona e non una famiglia. Ecco perché i cuccioli orfani vengono affidati da Dame Daphne ad una squadra di keepers che si alternano nel prendersi amorevolmente cura di loro diventando la loro mandria/famiglia.

 

 

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UNA VITA PASSATA INSIEME A LORO…

http://www.dailymail.co.uk/femail/article-2646134/Playing-rhinos-cuddling-baby-elephant-falling-love-tiny-gazelle-Heartwarming-photos-reveal-bond-British-elephant-grandmother-orphaned-animals.html

 

http://www.sheldrickwildlifetrust.org/html/about_daphne_sheldrick.html

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